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Racconti di viaggio 

di Giovanna e Silvietto

Tibet
La via lattea

Dal campo base dell’ Everest  partiamo  per andare  verso il campo base  del  Cho Oyu,  una montagna di  ottomiladuecentouno metri, punto di partenza  di due nostri  amici  alpinisti, che proveranno a scalare il  loro primo ottomila. Le Jeep sobbalzano in continuazione , le strade sono piene di buche, la velocità è molto bassa, e gli autisti non vogliono che si ripeta il guasto meccanico dovuto alla rottura della balestra di  sospensione di una jeep   avvenuto  il  giorno prima.

Mi viene da sorridere pensando che il guasto  a noi profani  sembrava  irreparabile e come conseguenza avremmo dovuto sostare in quella sperduta valle  forse per  qualche giorno in attesa che si rimediasse una nuova balestra,  invece gli autisti  rovistando tra le altre Jeep  della carovana  sono riusciti  a trovare  dei componenti  atti a riparare provvisoriamente il mezzo e far si che mediante una deviazione del percorso  originario in tarda serata  si raggiungesse un piccolo villaggio, dove si  trovava una officina meccanica con annessa  fucina. Hanno lavorato tutta la notte per riparare il guasto  e al mattino con nostro stupore il mezzo  era nuovamente pronto a trasportarci. 

Il sole picchia sui vetri parabrezza, fa molto caldo,  anche se ci stiamo  alzando di quota,  il vento fa entrare  da ogni fessura della macchina una sottilissima polvere che ti secca la gola, non basta essere protetti dagli occhiali e avere un fazzoletto legato alla nuca a protezione del naso, il sudore che scende dalla fronte fa lacrimare gli occhi, non vedi l’ora di scendere per respirare dell’aria fresca e pulita.

Nel primo pomeriggio arriviamo al primo accampamento del Cho Oyu,  installiamo le tende, sistemiamo gli zaini e i sacconi,  il cielo è limpido non si vede una nuvola,   nel campo l’attività  e frenetica: chi si prepara a partire per i campi avanzati, chi invece ritorna per riprendere le forze, è un continuo vociare di lingue incomprensibili.

Io e Giovanna pensiamo  che non sarebbe male se ci riposassimo qualche ora per recuperare le forze  visto che domani, come sempre, la giornata sarà impegnativa. 

Quando mi sveglio ed esco dalla tenda la luce del sole sta scivolando lentamente dietro le montagne, e le tenebre stanno prendendo il soppravvento  sulla luce. Guardo  il cielo e dico a Giovanna,  uscita dal suo caldo saccone e affacciata all’apertura della tenda, che il cielo si sta rapidamente rannuvolando,  lei come risposta mi dice di guardare bene, quelle nuvole che con l’avanzare del buio continuano ad evidenziarsi  e  prendere vita  propria , è la via lattea, si proprio la via lattea che prende forma . Disteso sul terreno guardo questi infiniti agglomerati di stelle che prendono sfumature di colori diversi,  non smetterei mai di osservare  l’immenso cielo solcato da questo meraviglioso spettacolo che è  l’universo che noi vediamo.

Di fronte a tutto questo  ti senti piccolo, piccolo, ma la via lattea ti appare cosi vicina che inconsciamente ti verrebbe di allungare il braccio e con la mano accarezzarla .    

Ci sono rari  momenti particolari  dove la tua mente sembra   uscire dagli schemi tradizionali e ti pone domande a cui non sai rispondere.  Non mi ricordo quanto tempo sono stato ad osservare e riflettere, poi dei brividi lungo la schiena e il freddo alle mani  mi riporta alla realtà. sono rigido come un baccalà quando ho staccato gli occhi da questa specie di estasi.

Nella notte sono ancora uscito per vedere la via lattea, ma l’incantesimo era finito, vicino a noi vi era una tenda illuminata, da delle lampade tibetane,  ero assonnato e non diedi peso a questa anomalia, il mattino seguente venimmo a sapere che in quella tenda si trovava un capo spedizione Coreano che era morto al terzo campo base del Cho Oyo  nella preparazione  della scalata alla montagna.

A questa notizia un pensiero mi viene spontaneo,   si collega alla mia infanzia,   e a quello che dicevano i nostri vecchi: “ Quando viene  a mancare una persona,   guarda in cielo e nella via lattea troverai una nuova stella “   

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